Gli investigatori privati sono tenuti ad agire solo nel rispetto di precise regole che tutelino la riservatezza e la privacy delle persone, non solo in sede giudiziaria, ma anche in ambito privato.

Il diritto alla privacy è regolato dal Regolamento (UE) 201/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio e fa riferimento al diritto di possedere il controllo sulle proprie specifiche.

La privacy, quindi, si riferisce al diritto di ciascun individuo di essere a conoscenza dell’eventuale utilizzo delle proprie informazioni personali da parte di terzi e con quale scopo, al fine di acconsentire o meno al trattamento di tali informazioni.

L’investigatore privato, durante lo svolgimento delle proprie attività, è fondamentale che tuteli i dati raccolti, i file e i documenti attraverso sistemi informatici sicuri che blocchino eventuali abusi o furti di informazioni.

L’esperto può comunicare quanto concerne l’attività di investigazione solo al collaboratore e al diretto interessato, preoccupandosi, però, di eliminare tutto il materiale conservato nella banca dati al termine del lavoro, seguendo le modalità di archiviazione indicate dall’Art.10 del GDPR.

I dati possono essere trattenuti per il periodo di tempo indicato nei termini descritti dalla lettera di incarico o mandato, e solo successivamente distrutti: il contenuto della lettera indicherà il motivo dell’indagine e i tempi in cui verrà effettuata.

L’investigatore può agire solo mediante un mandato in forma scritta che faccia riferimento al diritto che il cliente vuole esercitare in sede giudiziaria oltre che a garantire assoluta segretezza anche in caso di rinuncia. L’investigatore privato per non incorrere nella violazione della privacy deve conoscere i principi del GDPR nelle investigazioni difensive e il Codice Deontologico, il quale contiene tutte le norme che bisogna seguire per il corretto trattamento dei dati, per lo svolgimento di indagini.

Per le investigazioni in ambito lavorativo sono validi gli stessi principi, ma bisogna integrare anche le norme contenute nello Statuto dei Lavoratori ovvero la legge del 20 maggio 1970 n.300 che tutela le libertà e dignità dei lavoratori: l’investigatore, in questa circostanza, non può utilizzare strumenti che controllino a distanza il lavoratore sul posto, ma può intervenire a fine orario lavorativo.

Il pedinamento esterno rispetto a dove esercitiamo le nostre mansioni è consentito per valutare eventuali atteggiamenti che danneggerebbero l’azienda come l’abuso dei permessi per malattia; dunque, controllare se il lavoratore rispetta gli orari e i turni è un diritto del proprio datore di lavoro.

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